mercoledì 28 novembre 2012

PICNIC A END POINT


L'invito da parte degli Howers straní non poco Shynnelyn. Conosceva appena Cavill Howers, erano nella stessa classe di scienza e, da quando aveva iniziato a frequentare quella scuola non si erano scambiati più di venti parole e qualche sguardo.
Cavill era un ragazzotto basso e tarchiato, teneva sempre lo sguardo basso e parlava solo quando era interpellato direttamente. Per il resto del tempo se ne stava, con aria dimessa, in fondo all'aula a pensare ai fatti suoi. Era un tipo solitario e il non essersi fatto nuovo amici sembrava lasciarlo indifferente.h Per un paio di giorni ci si era chiesti da dove provenisse e come mai si comportasse in quel modo, ma alla fine l'interesse per Cavill era stato sostituito dalla morbosa curiositá nei confronti di Adleyn Masshow, che aveva vinto un concorso per aspiranti attrici e se ne sarebbe andata via entro poche settimane.
Shynnelyn non aveva badato tanto al giovane Howers quanto ai preparativi di commiato per Adleyn quindi quel che accadde quel piovoso venerdí di metá febbraio la lasció in uno stato di imbarazzo e confusione. Alla fine della lezione Cavill, senza alcun preavviso, le si mise di fronte bloccandole l'uscita. "Sei invitata al pic nic della mia famiglia a End Point questa domenica. Ti passeremo a prendere alle 10. Ciao". Cavill Howers se ne era andato senza darle il tempo di rifiutare ed era scomparso nella massa di studenti che se ne andavano verso il weekend. La ragazza ci pensó a lungo durante il tragitto verso casa: era una cosa folle!
Nel borgo si raccontavano strane storie sugli Hovers, trasferitisi in paese non più di sei mesi prima e che non avevano fatto nulla per integrarsi con la comunitá, e lei non voleva essere la prima a scoprire se erano vere. Appena a casa cercó il numero di telefono e chiamó casa di Cavill. Le rispose una voce di donna e dopo essersi presentata fu investita da un trillante urlo di giubilo. Tentó di inventarsi una scusa plausibile per scantonare l'invito ma senza successo perchè la donna quasi non le lasció spazio per parlare. Non riuscí nemmeno a farsi dire perchè su tutte le studentesse che Cavill aveva potuto conoscere in quei mesi aveva voluto invitare proprio lei. Si ritrovó solo a ringraziare Mrs. Cavill per la sua gentilezza, assicurandola che alle 10 si sarebbe fatta trovare all'angolo della via. E la comunicazione si chiuse.
Shynnelyn si chiese come fare per non andare. Da un lato la sua naturale curiositá le diceva di sfidare la sorte e prender parte a questo pic nic, dall'altro una vocina continuava a sottolineare il fatto che non sapeva nulla di questa famiglia e le voci che giravano non erano certo incoraggianti e chissá cosa avrebbero potuto farle in un luogo isolato.
Shynnelyn non sapeva cosa fare e così si mise sul divano a leggere, tormentata dal tarlo del dubbio e della curiositá. Non sapeva nemmeno questo End Point fosse.
Almeno quello poteva scoprirlo da sola. Dallo scaffale alto della libreria prese l'atlante dello stato e nell'indice cercó End Point, poi guardó sulla mappa corrispondente: era il piccolo promontorio dove da bambina aveva trascorso tre (terribili) estati con gli scout ma nei suoi ricordi era indicato con un altro toponimo.
Shynnelyn sbuffó e tentó di riprendere la lettura ma immagini non del tutto allegre occuparono la sua attenzione. Si diede della stupida e andó a farsi un bagno per liberarsi dalla tensione, si fece un sandwich quindi si mise a letto.

SATURDAY

Cielo grigio. Nuvole scure come le occhiaie. Pioggerella fine fine. Fu il tempo che accolse Shynnelyn dopo pranzo. Memore dei tempi degli scout sapeva che End Point non era ambiente adatto a sneakers e aveva deciso di andare al mall per un po' di shopping preparatore e rilassante. Scarponcini, jeans, felpa e simile abbigliamento era il suo obiettivo. E magari, se restava il tempo e i soldi, anche un presente per la famiglia di Cavill. Giusto per metterli di buon umore.
Si tiró su il cappuccio della jacket e si incamminó verso il mall, maledicendo suo padre e madre per esser andati via con la macchina proprio quel malefico weekend.
Entró nella hall sentendosi un cane bagnato. I capelli le scendevano, umidicci, sul viso e goccioline le si infilavano sotto il maglione, giù lungo la schiena, provocandole i brividi. Si diede una rapida sistemata e Shynnelyn si diresse verso il negozio di sport. Dalle finestre si intravedevano i fulgori dei lampi e giungevano i rimbombi soffocati dei tuoni.
Appena entrata letteralmente requisí una commessa e in meno di mezz'ora aveva completato i suoi acquisti, ma non trovó nulla da poter donare alla madre di Cavill, non poteva presentarsi con una pianta durante un pic nic in montagna. Era ormai quasi ora di cena e la ragazza si compró un paio di sandwich e un'insalata giapponese, pensando di mangiarseli mentre si guardava un qualche classico horror della Hammer e poi di andare a letto presto.
Nella hall era riunito un nugolo di persone, che guardavano il cielo, che era una macchia nera in cui fulmini si rincorrevano sfolgorando oltre le vetrate. Shennylyn passó velocemente e si fermó davanti alla porta, quella si aprí facendo entrare qualche schizzo di pioggia. La ragazza si tiró su il cappuccio e si avventuró fuori, camminando a passo svelto ma senza correre. Non ricordava più chi, una volta, le aveva spiegato che sotto la pioggia era meglio non correre, perchè incredibilmente ad andar piano - ma non troppo - si sarebbe bagnata di meno. Fortunatamente casa sua distanza solo dieci minuti e quando varcó la porta non era troppo inzuppata. Si tolse gli stivali, sistemó in terra un giornale e li poggió sopra. Lo stesso fece sotto il cappotto appeso.
In camera si tolse gli abiti umidi, che con un tiro da tre punti finirono nel cesto della roba sporca. Sotto il getto di acqua calda lavó via l'umiditá. Si frizionó i capelli con l'asciugamano e si infiló la tuta poi tiró fuori dai sacchetti i pacchi. Dalla scatola estrasse gli scarponcini, che trovarono posto di fianco al letto. La maglia e i pantaloni furono appoggiati sulla scrivania mentre la giacchetta sulla spalliera della sedia. Shennylyn preparó poi calzettoni e biancheria quindi scese in cucina e compose la sua cena su un piatto, poi il vassoio e una bottiglietta d'acqua. In salotto il dvd era già nel lettore, sfioró appena il tasto play e fu catapultata nel mondo in bianco e nero del "Il Bacio della Pantera" (1948).

DOMENICA

Scoccavano le 10 quando il minivan degli Howers si accostó al marciapiedi e il portellone laterale fu aperto. Dal posto del navigatore la signora Howers Le sorrise facendole cenno di salire. Di fronte a lei Cavill, insieme ai suoi fratelli e sorelle, aspettavano solo che lei salisse. Sembravano impazienti e, così sembró a Shennylyn, avevano uno sguardo affamato quando la guardavano.
Con una specie di saltello fu dentro e si poté sedere solo di fianco a Cavill e ad una bambina dai capelli malamente legati in due codini arruffati.
"Sono cosí lieta che tu abbia accettato il nostro invito - esclamó con voce garrula Mrs Howers -. Era da tanto che non abbiamo ospiti al nostro bel pic nic a End Point. Quest'anno peró mi sono imposta con Cavill, avrebbe dovuto portarci una bella ragazza...". Il marito, distogliendo lo sguardo per un secondo dalla strada, le lanció un'occhiataccia e quella si zittí.
Il resto del tragitto fu silenzioso, fatta eccezione per le presentazioni, cosa cui provvide volentieri la signora Howers, la quale snoccioló i nomi dei figli con lo stesso ritmo con cui l'allenatore le chiamava: Alley, Babelyn, Cavill, Danaes, Elix, Fanny, George, Harold. Specificó che Babelyn e George non c'erano perchè erano fuori cittá per lavoro. Shennylyn sorrise e si ripeté che sarebbe una magnifica giornata.
Dopo meno di un'ora finalmente avvistarono il famoso pianoro di End Point, che terminava in uno spunzone di roccia, il fondo del burrone era un'amena radura boscosa ed ideale per il camping, se si era amanti di quel genere di passatempi.
Altri appartenenti alla famiglia Howers erano già arrivati e stavano preparando: alcune ragazze stendevano le tovaglie sopra assi di legno. "Cosí i piatti non corrono il rischio di rovesciarsi", le precisó una tizia dagli stopposi capelli arancioni che si presentó come Antonia (cugina di Cavill e sorella rispettivimente di Brent, Cristy e Danny).
Shennylyn si chiese se tutti in quella famiglia avessero i nomi in ordine alfabetico, la cosa le sembrava un po' inquietante. "Si, ha un che di inquietante questa abitudine di dare i nomi in ordine alfabetico", buttó lí un'altra cugina di Cavill, che se non aveva capito male si chiamava Davilia.
Shennylyn sbiancó in viso a quella frase, quella strana ragazzina poteva forse leggerle nel pensiero? Fece finta di niente e si diede da fare per aiutare Antonia con i piatti mentre gli uomini si dedicavano a cuocere la carne sul barbecue e a bere birra parlando di sport o politica.
Mentre andava avanti ed indietro tra le auto e la "tavolata" portando posate, ciotole e bicchieri, spesso sentiva gli occhi - sguardi rapaci, curiosi, quasi cupidi - dei parenti di Cavill addosso.
In quei casi sorrideva e lavorava più alacremente.
Era passato mezzogiorno da un pezzo quando finalmente tutto fu pronto e si sedettero per gustare la carne arrostita, le pannocchie e tutte le altre pietanze.
Shennylyn assaggió un pezzo di carne particolarmente tenero e delicato, dal sapore sembrava pollo ma il colore bruno esterno e rosato all'interno faceva pensare a un agnello o altro animale simile.
Shennylyn decise di metter da parte le strane sensazioni e godersi la giornata e le nuove amicizie.
Dopo pranzo giocó un po' con i più piccoli, poi si avvicinó ad Antonia, Cavill e Davilia ma quando la videro smisero di chiacchierare e le puntarono addosso sguardi voraci, da lupo. Fu il pensiero che attraversó la mente di Shennylyn.
Si bloccó e tornò sui suoi passi, andando a sedersi su un masso poco lontano, di fronte a lei si apriva uno spettacolare scorcio di passaggio e Shennylyn rimpianse di non avere la macchina fotografica.
Dietro di lei si udivano gli Howers parlottare e lanciarle occhiate continue, tanto che cominció a sentirsi a disagio e a desiderare di tornare a casa.
Si fece coraggio, si alzó e si avvicinó alla signora Howers. "Mi scusi, non per sembrarle indiscreta ma volevo sapere verso che ora torneremo in paese". La madre di Cavill sorrise. "Tra poco mia cara. Prima c'é il momento clou della giornata".
Shennylyn fu sicura di aver visto delle zanne sbucare dalle labbra della donna ma si limitó a sorridere, non era interessata al momento clou del picnic degli Howers.
Tornó al suo sasso e si rimise a pensare, alla scuola, ai compiti, alla prossima partita. Era a tal punto persa nei suoi pensieri da essersi estraniata da tutti e si riscosse solo quando Cavill la toccó su una spalla. O meglio l'afferró con forza e la strattonó.
"Hey...", protestó Shennylyn cercando di liberarsi ma ottenendo solo che la stretta si serrasse. Uno ad uno i restanti Howers la circondarono fissandola famelicamente.
"Sei stata così dolce ad accettare l'invito di Cavill", mormoró Danaes, passandole poi la lingua rosata su una guancia. Gli altri ridacchiarono e Shennylyn rabbrividí.
In mente le vorticarono tutte le storie che aveva udito: in realtá nessuna si avvicinava a ció che aveva intuito.
"Stai buona Danaes", disse la signora Howers, "Verrá il tuo turno. Cavill lasciala".
La stretta si sciolse e in automatico Shennylyn si massaggió la spalla. Tentó di rimettersi in piedi ma fu costretta a rimettersi a terra. Volgeva lo sguardo ovunque per trovare una breccia e poter scappare, buttare a terra qualcuno non le sembrava molto cortese ma alla fine si disse che era per salvarsi la vita.
Si mise in ginocchio, abbassó la testa e scattó. Finí addosso a Cristy, entrambe finirono a terra e Shennylyn fu svelta a rimettersi in piedi ma una mano le bloccó il piede. Strattonó ma senza riuscire a liberarsi, con la coda dell'occhio riconobbe la madre di Cavill. "Non ci scapperai bambolina - disse ridendo -. Non ci scapperai". Ma Shennylyn non era di quell'avviso: con tutta la forza che aveva sferró un calcio a Mrs Howers, che le lasció il piede e si toccó il naso.
Fu questione di secondi. Shennylyn si buttó in avanti e, una volta recuperato l'equilibrio, corse via. Dietro di lei all'inseguimento partirono tutti tranne Mrs Howers, che li incitava, e i bambini più piccoli.
Sperando in una via d'uscita Shennylyn si infiló nel bosco, gli Howers alle sue spalle guadagnavano terreno, lanciando urla belluine. Ogni tanto si voltava per vedere se fosse ancora inseguita e in un primo momento guadagnó terreno e quasi la salvezza ma, man mano che lei sentiva crescere la stanchezza Cavil, Antonia e Davilia accorciarono la distanza e si avvicinavano sempre più finché Davilia, con un balzo felino, riuscí ad afferrarla e a bloccarla.
"Inutile che scappi. Sei nostra adesso", ghignó e le morse una guancia così a fondo da strapparle la carne. Rise masticando mentre il sangue le gocciolava dalla bocca.
Gli adulti arrivarono e si complimentarono con loro, il padre di Cavill sollevó Shennylyn e se la sistemó come se fosse stata un cervo.
Risalirono fino al pianoro con la loro "preda", Shennylyn, all'inizio aveva provato a liberarsi dalla robusta stretta dei tre ragazzi ma dopo alcuni vani tentativi aveva rinunciato - almeno per il momento, si ripeteva - a combattere e gemeva appena per il dolore alla guancia. Sentiva bruciare le lacrime ma non scendevano
Cominciava ad intuire quale sarebbe stata la sua fine.
"Tutto questo correre mi ha fatto venire fame", commentò George avvicinandosi a lei e prendendole un braccio. Da una tasca cavó un coltellino da campo e lo fece scattare. Incise veloce il suo braccio e si mise in bocca un quadratino nemmeno fosse stato un pezzo di cioccolato, mugugnando di giubilo. Shennylyn urló dal dolore e si mise a piangere. Rivoletti vermigli sgorgavano dalla profonda ferita e cercó qualcosa con cui almeno fermare il sangue, ma si accorse di non avere un fazzoletto e anche il suo nuovo zaino era sparito.
Cercó di chiedere spiegazioni ma appena aprí la bocca Cavill la bació addentando la sua lingua, tiró finché gliela strappó lasciandola sanguinante e gorgogliante. Con una certa soddisfazione Cavill masticó la lingua a lungo, grufolando quasi.
Con occhi sbarrati cercó di chiedere aiuto a Mrs Howers ma invece di trovare comprensione rimedió solo un altro morso, sull'altro braccio. Unico moto di pietá fu metterle in bocca un grumo di cotone per fermare l'emorragia.
Man mano che pezzi di carne le venivano strappati Shennylyn sentiva venir meno le forze ma una parte del suo cervello era vigile e pronto ad agire appena qualcuno si fosse distratto, ma non fu mai lasciata sola.
Aveva sete ma il solo deglutire le faceva dolere ció che restava della sua lingua. Le appariva sempre più chiaro che non sarebbe sopravvissuta a quel pic nic.
Si aggrappava al desiderio di vivere ma per quanto lottasse sentiva la vita lasciarla. Con ogni morsino. Con ogni pezzettino di carne cavato dal suo corpo, mentre gli Howers seguivano non sapeva quale rituale.
Allargó le labbra in un doloroso sorriso: quei vecchi ipocriti non avevano indovinato ció che si celava dietro la riservatezza degli Howers. Non qualche stupido piccolo reato. Non qualche sciocca mancanza. Avevano sostenuto che erano dediti alle più classiche depravazioni che la corrotta mente occidentale sapeva partorire mentre loro, più candidamente ed innocentemente, avevano invece scelto quella vituperata abitudine che veniva relegata certi popoli selvaggi.
Se non fosse stata tragicamente coinvolta avrebbe trovato la cosa sadicamente divertente.
Intorno a lei, ormai persa in una filosofica follia su quanto morale o meno avrebbe potuto essere quel comportamento, gli Howers si preparavano per il clou del loro pic nic.
La fiamma del barbecue si alzó gagliarda nel cielo serale e un largo involucro di cuoio fu appoggiato al tavolo di legno. Aprendolo riveló un inteno di velluto viola e un luccicante set di lame che avrebbe fatto la felicitá tanto di un maestro di chirurgia quanto di un mastro macellaio.
Una quasi incosciente Shynnelyn fu presa di peso e appoggiata alle assi. Mrs Howers si inginocchió alle sue spalle e le fece appoggiare la testa sulle sue ginocchia. Le accarezzó i capelli arruffati e sporchi di terra e sangue. "Calma bambina. Calma. É quasi tutto finito", le sussurró con dolcezza. La tiritera blandí Le ultime resistenze della coscienza di Shynnelyn, che cadde in una sorta di torpore ipnotico.
Fu allora che la mannaia caló prima sulla gamba destra, sotto il ginocchio. Poi su quella sinistra. E fu allora che urló, il corpo scosso dal rimbombo dei tagli, i nervi tranciati che inviavano messaggi al cervello. Impazzí. Dalla gola uscí un urlo soffocato, più simile ad un guaito che ad un grido umano. Cercó nuovamente di mettersi in piedi. Ma uno spiedo la trafisse, tanto da bloccarla a terra ma senza causarle la morte. Legacci di pelle le furono legate ai moncherini per impedire al sangue di defluire.
La nenia di Mrs Howers ricominció ad intorpidirle orecchie e mente.
Intorno, intanto, si diffondeva un odore di carne bruciata mentre le ragazze, con indosso lunghe vesti, danzavano ossessivamente come in un rito orgiastico.
La carne cuoceva. Una pioggerellina pesante cominció a scendere, inumidendo l'aria e bagnando il viso pallido di Shynnelyn, la sua pelle a brandelli, ció che restava del suo corpo martoriato.
Sopra il barbecue e la tavola furono sistemati due raffazzonati gazebo, in modo da non guastare la festa.
La voce aveva perso potenza e ad ogni nuovo fendente che s'abbatteva su di lei usciva sempre più gioca e rauca. Finché all'ultimo tacque.
Sulla brace s'arrostivano le sue dita, braccia, filetti ricavati dal suo addome, Le sue cosce ridotte a spezzatino.
"Cavill, per favore seppellisci la tua deliziosa amica da qualche parte nel bosco. Poi torna. É pronto in tavola e non vorrai mangiare freddo".

giovedì 15 novembre 2012

INTERNO 12



- Salgo le scale. Le suole producono un fruscio ritmico. Terzo, quarto, quinto piano. Interno 12. Niente campanello. Busso. Un due tre stella, penso.

La porta si apre. Sorrido accattivante all'uomo trasandato che mi si para davanti. -

Io - Buongiorno sono qui per sottoporre anche a lei il nostro periodico sondaggio. Un paio di domande veloci.
Mi dica, lei é soddisfatto della sua attuale situazione di vita? -

Egli - Ma no guardi ho fretta. Un colloquio il giudice revoche udienze. Devo andare. Un casino, la mia attuale situazione. Più tardi. Uscire -

Io - Quindi vorrebbe cambiare qualcosa?

Egli - Si. Si. Chi non vorrebbe? Ma ora scusi devo andare. Tardi, mi passano a prendere.

Io - Visto che anche lei come molti desidera dare una svolta alla sua vita le lascio la nostra special card "Un desiderio per ciascuno", che le consentirá di poter accedere a un servizio esclusivo che le permetterá, appunto, appunto di realizzare un desiderio. Non ha alcuna spesa da sostenere. Mi fa appoggiare che Le illustro più approfonditamente il servizio?

Egli - Prego prego. Si accomodi. Non faccia caso al disordine. Problemi, questioni.

- Si scosta e mi fa entrare. Stanze in disordine, piatti da lavare. Resti di cibo. Mi precede in cucina e fa posto sul tavolo -.

Io - Come le accennavo poc'anzi, si tratta di un servizio esclusivo che l'azienda "Il Nuovo Futuro E' Rivendicabile fiN Ora" propone oggi. Lei riceve, senza alcuna spesa, la card che le permetterá, in una delle oltre migliaia di nostre sedi sparse nel mondo, di vedere realizzato un suo desiderio. Qualunque, senza pensare ai costi o alle conseguenze. (Sorrido)

Egli - Interessante. Qualunque desiderio uno abbia? Perché io avrei si infatti avrei un desiderio. Nulla di strano ma per me molto importante. C'é da firmare qualcosa?

Io - Nulla di che. Un modulo standard in cui accettano termini e condizioni. Solo per tutela sua e Nostra. Una firmetta in questi due riquadri. (Mostro il modulo e la tessera argentata. Sorrido). Io poi provvederó ad inserirla nei nostri archivi...

Egli - No perchè al momento ho dei problemi. Io non potrei firmare nulla senza l'autorizzazione del giudice ma se mi dice che non lo saprá nessuno.

Io - Solo lei ed io. (Strizzo l'occhio). Inoltre non deve dimenticarsi che questa card le consentirá di accedere a molto altri servizi, a bonus e alle numerose offerte che nel corso dell'anno riceverá comodamente a casa. Sono sicura che sará molto contento. Siamo leader del settore da parecchi anni, e il riscontri di gradimento é sempre stato elevatissimo. Ovviamente, a fronte dell'iscrizione completamente gratuita e della realizzazione del suo desiderio, per i successivi servizi ci sará una piccola quota di partecipazione da versare, solo dopo aver usufruito del servizio. Veramente irrisoria rispetto ai vantaggi incredibili di cui godrá. Nessuno potrá farle un'offerta come questa. Il suo nome?, per la compilazione.

- Mi guarda stranito e stralunato. So di aver fatto colpo e tiro fuori la penna d'ordinanza. Meccanicamente mi fornisce i suoi dati sensibili. Li riporto fedelmente e poi porgo carta e penna perchè apponga la sua firma -.

Io - Leggibile, per favore.

- Osservo sorridendo mentre verga nome e cognome in brillante inchiostro rosso. Mi restituisce la penna, la ripongo con cura e gli sorrido. Ripongo quindi tutto nella cartellina -.

Io - Ecco qui la sua card e il primo depliant informativo sulle nostre attivitá e le nostre sedi in zona. Entro una settimana riceverá la visita del nostro consulente per il suo desiderio. Provvederá anche alla stipula del contratto definitivo per il pagamento dei suoi prossimi servizi.

Egli - Pagamento? Che pagamento? Aveva detto che non c'erano esborsi di soldi...

Io - E chi ha mai parlato di soldi. Con quelle due firme lei ha, di sua volontá, venduto la sua anima all'azienda per cui lavoro...Come può vedere dall'intestazione. (Ora rido)

- Sillaba le sole parole maiuscole: Inferno -.

Io (poso sul tavolo un biglietto) - Siamo sempre in cerca di nuovo personale...

- Esco mentre si accascia sulla sedia, piangendo. Ghigno. Un altro buon lavoro finito. Mi dirigo all'altra porta sul pianerottolo e suono il campanello -.

lunedì 12 novembre 2012

ONDANERA

Arrivò in una giornata di tempesta, da sola: una ragazzi piccola nascosta sotto una mantellina nera lunga fino ai piedi, scalza e senza bagaglio. Prima del suo arrivo per due settimane il vento era soffiato forte, rendendo difficoltoso uscire in barca e dedicarsi alla pesca, e aveva addensato sopra la cittadina di mare miriadi di nuvole nere. Una mattina la gente si era svegliata sotto le pesanti gocce di un acquazzone. E, da quel giorno, non aveva più smesso.
Il vento gonfiava il mare fin quasi ai limiti del borgo ma non portava via le nuvole. L'aria era greve e salmastra, odorosa d'alghe e di pesce. Molti notarono che quello stratempo non era accompagnato da fenomeni quali fulmini e tuoni, ma si trattava solo di pioggia fitta, fine e grigia.
Gli anziani dissero che un tale acquazzone non si vedeva in quei luoghi da prima della fine della guerra, scambiandosi poi occhiate di chi la sapeva più lunga di quello che voleva far credere. I bambini furono tenuti in casa, le scuole e i negozi chiusi, per sicurezza. A causa della pioggia continua le strade si allagarono, il borgomastro ordinó la creazione di canali per la deviazione dell'acqua in modo da evitare che le case venissero sommerse, e la spiaggetta si trasformó in un pantano.
L'intero paese si preparó ad affrontare l'emergenza, sperando che quell'anomala alluvione terminasse presto. L'unico a decidere di tenere aperto fu il bar di Anacleto, che per l'occasione si inventó emporio vendendo generi di prima necessitá: l'idea era stata della proprietaria del piccolo alimentari - che stava dirimpetto al bar - in modo da poter rifornire la popolazione. Al mattino erano gli uomini a recarsi nel locale con la lista ritirando pane e latte. Senza fermarsi per un cicchetto rinvigorente affrontavano il percorso verso casa.
Era da poco cominciata la terza settimana di pioggia quando nel bar di Anacleto la porta si aprí e sulla soglia, in piedi sopra i sacchi di sabbia, sistemati per tener fuori l'acqua, comparve la ragazza. Dalla mantellina nera goccioline scivolavano a terra e da sotto il cappuccio appena si intravedevano i capelli e gli occhi, entrambi neri.
"C'é alcuno in codesta dimora?", domandó con voce squillante. Era il primo pomeriggio ma tanto il cielo era scuro da sembrar già notte e Anacleto, come aveva cominciato a fare da quando era iniziata quella tremenda pioggia, era nel retrobottega a riposare. "C'é alcuno in codesta dimora?", ripeté la figura incappucciata. Non ricevendo nuovamente risposta si giró e fece per andarsene, quando Anacleto comparve e la guardó con malcelato stupore. "E tu che ci fai in giro con questo tempo?", le chiese invitandola ad entrare, più per evitare che si allagasse la stanza che per vera caritá.
La figura si mosse leggiadra e svelta. In pochi secondi la porta fu chiusa e lei davanti all'uomo. Era una ragazzetta, poco più di una bambina, esile come un giunco in quella mantellina nera che la copriva da capo a piedi. "Chi sei tu?", fece lei con voce acuta. Si capiva dal suo modo di parlare che non era della zona. "Anacleto", disse l'uomo, "Questo é il mio bar". Lei diede un'occhiata intorno e si sedette ad un tavolino, fissando la superficie di formica pallida e azzurrina, come se non avesse mai visto qualcosa di simile prima di quel momento. "Tu chi sei e cosa ci fai in giro? I tuoi genitori non ti hanno detto che é pericoloso avventurarsi fuori con questa pioggia?", chiese Anacleto, curioso di sapere il perchè della presenza della bambina nel suo bar.
"Ondanera mi chiamano e io giro sempre con la pioggia, mi piace". E tornó a fissare il piano, allungó una mano bianca e lo toccó, saggiandone la consistenza. Gli occhi di Anacleto seguivano ogni suo movimento.
"La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi porterá indietro", mormoró poi con voce seria, seduta al tavolo con la mantella che sgocciolava, formando una pozzanghera trasparente ai lati della sedia.
"Meglio che ti togli quella roba prima di ammalarti e di allagarmi il locale". Anacleto diede voce ai suoi pensieri e Ondanera si giró, guardandolo e poi curvandosi verso il pavimento, specchiandosi nel laghetto. Si rialzó e si tolse l'indumento. Sotto aveva una vestina stretta e lunga, nera. Come neri erano i suoi lunghi capelli e gli occhi. Da sotto l'orlo spuntarono i piedini nudi.
"Dammi qua - disse il proprietario - e non ti muovere, vado a prendere uno straccio. Poi voglio avvertire la tua famiglia che sei qua, mi servirá il tuo nome completo per il centralino".
"Ondanera", ripeté quella con voce ferma e chiara, ferma davanti ad Anacleto. "La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi porterá indietro", disse di nuovo, convinta. Chiedendosi se Ondanera fosse il nome, il cognome o un soprannome Anacleto portó l'indumento fradicio nel retro e lo stese perchè asciugasse. Andò nel suo ufficio e fece il numero del borgomastro, chiedendogli di raggiungerlo per un'emergenza e di avvertire anche il resto della giunta. Eleusino, borgomastro da una decina d'anni, capí subito dalla voce del compaesano che qualcosa non andava e promise che sarebbe giunto prima possibile.
Quando tornó nella sala Anacleto trovó Ondanera alla finestra che guardava la pioggia. Il viso illuminato da una gioia pura. "La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi porterá indietro", la sentí dire per la terza volta.
"Hai fame?", le chiese. La ragazzina si voltó di scatto e stette zitta. "Devi aver fame per forza. Ti preparo qualcosa da mangiare e una bella bevanda calda. Ci vuole con questo tempo. Cosa ti andrebbe da mangiare?". Ondanera sorrise e rispose "Aringhe". Anacleto strabuzzó gli occhi: a nessun bambino piaceva quel pesciaccio dal sapore affumicato e salato. Neanche lui riusciva a mangiarle, ed era un uomo fatto da parecchi anni ed un esperto preparatore di aringhe. Ma lei lo guardó con occhi così speranzosi che non seppe rifiutarsi. "E aringhe siano".
Nel cucinino mise a bollire l'acqua per il tea alla menta, poi su un piatto sistemó due aringhette, sfilettate e deliscate. Spruzzó qualche goccia di limone. Pose il piatto su un vassoio e vi aggiunse un tovagliolo bianco di bucato e le posate. Versó il tea in due tazze, sistemandole anch'esse sul vassoio. Tornó in sala e trovó mezzo paese riunito: non solo il borgomastro e la giunta ma anche semplici cittadini. Avevano intravisto i loro rappresentanti recarsi al bar e, incuriousiti, si erano aggregati. Ora riempivano la stanza, tutti gli occhi concentrati sulla ragazzina. Ondanera non sembrava a disagio e continuava a fissare fuori dalla finestra, concentrata sullo scrosciare ininterrotto della pioggia, come se stesse aspettando qualcosa.
"Ecco le aringhe". Annunció Anacleto facendosi largo tra i suoi concittadini. Depose il vassoio sul tavolo dove Ondanera si era seduta poc'anzi quindi prese la sua tazza. Lei si sedette e osservó le posate, le rigiró tra le mani poi le appoggió di nuovo e prese il pesce con le dita. Lo portó alla bocca, rosicchiandolo sul fianco. Sul viso le si dipinse un'espressione estatica. Intanto Anacleto, il borgomastro e alcuni uomini della giunta si erano spostati nel retro ed avevano cominciato a discutere: "É apparsa cosí sulla porta. Senza nulla con sé a parte una mantella nera. Fradicia. Dice di chiamarsi Ondanera e di esser venuta qui per la pioggia o qualcosa del genere...". Lasció la frase in sospeso e attese la reazione e il consiglio degli uomini della giunta. "Non hai provato a chiamare il centralino chiedendo dei suoi genitori? Sicuramente é della zona", fu la domanda di Polino, il vice di Eleusino. "Non ancora - rispose Anacleto -. Volevo prima parlarne con voi".
"Prova subito allora", disse Eleusino con la sua voce da tenore e prese il telefono, componendo il numero del centralino. All'altro capo rispose Celesta, "Pronto centralino chi le passo". La donna era sempre stata famosa per la sua voce nasale e quella peculiaritá si era aggravata per quel tempo umido. "Celesta provi a passarmi una certa famiglia Ondanera...", il borgomastro restó in attesa.
Fuori il vento si era fatto più intenso, la pioggia più scrosciante e molti se ne erano andati per timore di non riuscire più a rientrare nelle case.
Alcuni erano ancora per strada quando il primo tuono rombó da est e un fulmine baluginó da ovest. Da che era iniziata la pioggia era la prima volta che accadeva.
A sentire quel rumore Ondanera alzó gli occhi dal piatto, un brandello di pesce ancora in mano.
"La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi porterá indietro", sospiró e si alzó. Senza preoccuparsi di recuperare la mantellina aprí la porta ed uscí per strada. Un secondo tuono, seguito da un fulmine. Ondanera seguí il luccichio, dirigendosi verso un piccolo promontorio, a meno di mezzo miglio dal paese. Gli uomini rimasti nel locale, intento a chiacchierare e a giocare a carte, non capirono subito cosa fosse successo e, quando realizzarono che la ragazzina era sparita, andarono ad avvertire il borgomastro.
"É scappata", urlarono scaraventandosi nell'ufficio di Anacleto. "É corsa via".
In quel momento Celesta annunció nella cornetta che nel raggio di miglia non esistevano famiglie con quel ridicolo cognome. Il borgomastro sbatté la cornetta interrompendo la comunicazione. "Dobbiamo trovarla". E si lanciarono all'inseguimento, dividendosi in modo da avere più possibilitá di trovarla. Prima di uscire Anacleto recuperó la mantellina di Ondanera: nonostante il tepore non si era asciugata ed era sempre umida e lucente.
Seguendo il susseguirsi di tuoni e fulmini Ondanera raggiunse il ciglio del promontorio. "La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi porterá indietro", urló in direzione del mare, sempre più smosso dal vento. Fu in quel punto che arrivó, senza fiato, Anacleto. Lei gli sorrise e lo salutó con la mano "Grazie per aringhe, buonissime". Sembrava volersi buttare e lui fece qualche passo, porgendole l'indumento.
Quando Ondanera riconobbe la sua mantellina fece un salto verso l'uomo, gliela prese e la strinse al petto. Poi l'indosso, si tiró su il cappuccio e si gettó tra le onde. Anacleto fece un balzo in avanti, in tempo per vedere il corpicino scomparire tra i cavalloni. Per parecchi secondi tutto quello stravolgimento della natura cessó, poi una sferzata di vento sollevó uno spumeggiante muro d'acqua e in mezzo ad esso c'era Ondanera, sana e salva...e con una lunga coda di pesce color onice al posto delle gambe. "La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi ha portata indietro. Ora tornerá il blue e il giallo", disse la sirenetta all'uomo prima di tornare tra i flutti.
Il muraglione d'acqua scura si ritiró portandosi via la creatura. Intorno ad Anacleto lentamente il vento si placava e il mare smise di sobbollire.
L'uomo tornó a casa, dicendo solo che non aveva trovato la ragazzina e, a chi gli chiedeva della mantella con cui era uscito, rispondeva che il vento se l'era portata via.
Quella sera smise di piovere, una brezza provieniente dall'entroterra spiró allontanando le nuvole e il mattino successivo il cielo era limpido, di un acceso azzurro e un tondo sole diffondeva il suo tepore sopra il paese. In poche settimane le vie tornarono agibili, l'acqua si asciugó e la vita poté riprendere più o meno identica a prima della pioggia. Per qualche tempo la popolazione parló della bambina della pioggia, ma anche questa storia passó di mod e fu quasi del tutto dimenticata. Solo Anacleto, nei giorni un po' piú grigi dell'autunno saliva sul promontorio e restava per ore a fissare il mare.
Dopo quello strano giorno, in cui una ragazzina era arrivata in paese portata dalla pioggia e con essa misteriosamente scomparsa, il sole non mancó mai di riscaldare le giornate del piccolo paese affacciato sul mare.