mercoledì 18 aprile 2012

My life

Della Mia infanzia ho pochi ricordi. Frasi lasciate galleggiare negli anni, che mi son giunte con echi quasi epici. Non che, secondo me, ci fosse la necessitá di tramandare tali prove di rara idiozia umana e crudeltá. Tra queste brilla, ancora fulgido esempio di quanto veramente i parenti appartengano alla stirpe degli esseri striscianti (con rispetto per loro, i rettili non i parenti) questa boutade che fu pronunciata qualche tempo dopo la mia nascita: "Ci ha messo tre anni a farla, poteva anche farla maschio". Cominciavo bene questa vita, secondo questi aguzzini incapaci!
Ai tempi ero ancora una creaturina innocente: dormivo (tanto), mangiavo...le solite cose che fanno le neonate.
Mia madre, completamente priva di istinto materno come di quasi tutta la gamma dei piú comuni sentimenti umani, si arrabattò egregiamente. Piú per l'aiuto della sua stessa madre che altro. Purtroppo per la mia genitrice il mio animuccio ribelle si manifestó quanto mai precocemente. Entro l'anno d'etá avevo già dato prova di possedere un notevole buon gusto in fatto di abbigliamento: fui trovata nella carrozzina che tentavo di strapparmi di dosso una tutina color pastello. L'esatta tonalitá non é stata fatta pervenire ai posteri. In un'altra occasione lanciai il biberon all'altro capo della cucina. La ragione del gesto non é chiara tutt'oggi: o era troppo caldo il suo contenuto, oppure mi faceva ribrezzo.
Per il resto ero bravina, non ero nemmeno una di quelle bimbette che vogliono stare in braccio, anzi l'opposto. In confidenza, non li capivo gli adulti: con le loro moine, quei sorrisi che piú falsi non potevano essere, quella mania di toccarmi. Orrore e raccapriccio.
Per inciso va spiegato che fino ai sei anni io ho avuto i capelli lunghi ed erano ricciolosi. Biondi, ma di quel biondo intenso, stile manga. In piú la genetica mi ha fornito di un paio di intensi occhi verde oro. Insomma ero una bimba piú che passabile, tanto che ci fu chi disse a Madre di portarmi a Milano per farmi fare il casting per le pubblicitá. Ovviamente la risposta fu no, che scoprii anni dopo era la sola ed unica, preferita risposta che Madre dava. Su qualunque richiesta rispondeva esclusivamente con un secco no! Spiegazioni ulteriori: non pervenute.
Altra risposta, questa riservata alle mie domande generiche era: "Non lo so". Mio padre risolveva comprandomi libri, anche quando non sapevo anche leggere. Ma nessuno me li leggeva.
Capii subito l'andazzo: ognuno nella vita può contare solo su stesso, se aspetta gli altri non combinerá mai niente.
Perchè nella casa dolce casa dove son cresciuta vigevano strane regole, riassumibili in una totale assenza di dimostrazioni affettive (baci ed abbracci erano banditi), una notevole dose di noia (io stavo a casa e giocavo sola, sembra che mi abbiano mandato all'asilo solo dopo aver scoperto che parlavo da sola. Così narrano le cronache.
Io già di mio non ero affettuosa, o meglio: ero io a deciderlo se volevo le coccole o no, piú come un gatto. E anche qui scatta l'aneddoto: quando ero ancora in fasce piú o meno, mi mettevano a fare interminabili riposini sotto il portico della villa di mio nonno. C'era allora un certo numero di mici randagi che gironzolava nell'area. In particolare una, grigio nera tigrata si metteva in fondo alla culla e mi teneva compagnia, il fatto che fossi in scala ridotta anche allora le permetteva di avere un certo spazio dove allungarsi. Pur non essendo "domestica" non mi ha mai fatto nulla di male. Mi hanno raccontato che si faceva accarezzare solo da me, appena un altro si avvicinava scappava. Quanta invidia avevo per lei!

lunedì 2 aprile 2012

ME NE ESCO

Me ne esco in silenzio/come un attore a fine rappresentazione/nel frusciare di vesti consumate e lacere/il mio sudario. 


Me ne esco in silenzio/da questa come da altre mille vite già passate/Me ne esco. 


Di me non resterà altro che un'ombra effimera, che alla prima luce dell'alba si dissolverà definitivamente